Settimana internazionale della memoria 2014

SETTIMANA INTERNAZIONALE DELLA MEMORIA, 22-31 AGOSTO 2014

VIII settimana internazionale della memoria: ripensare alla vita e alla dignità

"Ripensare alla vita e alla dignità". É stato questo il tema dell'VIII settimana internazionale della memoria.
E l'utopia concreta del progetto Adopt Srebrenica é proprio questa: dimostrare che sono possibili percorsi e processi di convivenza tra le diverse "nazionalità" e costruire insieme un futuro diverso e migliore, dimostrare che anche a Srebrenica - nonostante tutto - é possibile immaginare e vivere una vita piena.
Ammiro profondamente i ragazzi del gruppo Adopt Srebrenica: il loro coraggio, il loro entusiasmo, le loro facce, i loro sogni, la loro quotidiana rivolta contro l'odio, la loro voglia di costruire e ricostruire, di guardare al futuro tenendo bene in mente la lezione del passato.






Incontro con il sindaco di Tuzla

Il sindaco Imamovic ci ha raccontato della antica e radicata tradizione antifascista di questa città. 
Un antifascismo che é diventato resistenza attiva durante la seconda guerra mondiale, che ha dato vita ad una comunità accogliente e multiculturale che ha protetto sempre e comunque le minoranze perseguitate e che oggi ha reso questa città solidale - nonostante la pesante crisi economica – con tutti i comuni e i paesi devastati dalle recenti alluvioni sia all'interno della federazione di Bosnia e Erzegovina che in Repubblica Serba di Bosnia.





Zijo’s Jurney

Ancora una volta abbiamo ascoltato commossi la storia, o meglio "il viaggio", di Zijo Ribic. E ancora una volta siamo rimasti colpiti dalla potenza delle semplici parole di questo nostro amico, nonostante quello che ha subito: "dimenticare non si può, ma perdonare sì". Grazie Zijo!








Incontro con Zlatan Begic, docente di diritto costituzionale e Dzenan Jusufovic direttore della galleria civica, entrambi rappresentanti dei plenum cittadini costituiti con le proteste di febbraio

Ci raccontano della difficile situazione del paese, afflitto da una acuta crisi economica che qui è enfatizzata da una situazione istituzionale complessa, da una classe politica incapace e profondamente corrotta, da una oligarchia economica che mira a mantenere i propri privilegi spesso nati dalla speculazione avvenuta nel paese durante e al termine del conflitto e infine dalla mancanza da parte della comunità internazionale di svolgere il ruolo che gli era attributi proprio dagli accordi di Dayton.
Difficile dare risposte concrete ed efficaci ma è certo che le proteste sono state un segnale vivo del desiderio di cambiamento e i plenum potrebbero essere un soggetto interessante in vista delle prossime elezioni che si terranno in ottobre.





Visita al Centro di identificazione di Tuzla

In questa struttura - attiva da 15 anni - vengono identificate le vittime del genocidio di Srebrenica avvenuto nel luglio del 1995 attraverso l'analisi dei resti ritrovati nelle fosse comuni primarie e secondarie/terziarie. 
Ad oggi delle 8.372 vittime ufficiali ne sono state identificate e sepolte 6.313.
Il ritrovamento e riconoscimento del corpo e la sua successiva sepoltura rimangono un elemento fondamentale per i parenti delle vittime. Solo a quel punto molte famiglie riescono in qualche modo a voltare pagina. Molte madri stanno aspettando da 19 anni e proprio qui a Tuzla ogni 11 del mese le madri ancora in attesa di ritrovare i resti dei loro figli e mariti manifestano nella piazzetta dedicata al genocidio di Srebrenica. Per la verità. Per la giustizia.






Primo Workshop su Primo Levi su "esperienza e memoria di un sopravvissuto"

Per Primo Levi la memoria non è solo ricordo ma il tentativo di comprensione di quanto é successo. 
E questo per Primo Levi è avvenuto lungo tutta la vita, in un processo continuo, una ricerca che si é alimentata dal dialogo e dal confronto pacato. È stata la missione, il dovere, di un "salvato" per tutti i "sommersi".
Alla fine rimane una domanda: cosa deve succedere ancora perché l'uomo impari, perché non si ripetano più crimini come il genocidio di Srebrenica, come si possono sviluppare gli "anticorpi" necessari per prevenire ed evitare odio e violenza che ancora affliggono questa nostra terra? 
L'insegnamento di Primo Levi è comunque fondamentale ed ha insegnato molto a molti anche perché non ha mai giudicato o condannato ma ci ha messi in condizione - per chi vuole - di usare la nostra testa.





Visita al Memoriale e cimitero di Potocari

É il luogo della memoria qui a Srebrenica. Una memoria urlata, un pugno sullo stomaco ogni volta che ci si ritorna. L'abisso, il baratro in cui l'umanità cade se lascia spazio al l'odio. 
É anche luogo della negazione, in un continuo conflitto di narrazioni che contribuisce a quel senso di immobilità, di sospensione, di attesa, come l'attesa delle madri di Potocari che da vent'anni aspettano di ritrovare e seppellire i loro mariti e i loro figli.
Ed é il luogo della responsabilità della comunità internazionale che non ha saputo proteggere la popolazione civile. É il luogo della colpa e della vergogna delle Nazioni Unite e dell'Europa allora come oggi incapaci di "disarmare" eserciti e culture.



Secondo Workshop su Primo Levi su "dignità e vergogna"

Primo Levi nei suoi libri ci parla di tre tipi di vergogna che lui ha provato: vergogna per non essersi ribellato con più forza; vergogna per non avere fatto abbastanza per i suoi compagni; vergogna per essere sopravvissuto.
Ma ha continuato ostinatamente a raccontare quella storia, ad indagare le profondità oscure dell'animo umano anche quando nessuno era disposto ad ascoltarlo, anche quando veniva negata. E ci esorta oggi - meditate che questo é successo - a raccontare a nostra volta.





Visita ai villaggi di Osmace e Brezani con Muhamed e Velibor

Sono i luoghi e le persone che - proprio per la relazione che hanno costruito tra loro - hanno ricevuto il premio "Carlo Scarpa per il giardino" della fondazione studi e ricerche Benetton (http://www.fbsr.it/fbsr.php/pubblicazioni/collana_Memorie/dossier/Osmace_e_Brezani)
Quest'anno Muhamed ci ha riportato in un luogo centrale della sua memoria, la scuola dove ha studiato per quattro anni e dove ha vissuto con la famiglia perché il papà era il direttore dell'istituto.
Oggi è un luogo distrutto e abbandonato ma per Muhamed rappresenta la possibilità di riallacciare dei fili con "il prima", rielaborare il suo passato e dare un senso più compiuto al suo ritorno. È un ritorno doloroso ma al contempo ricco di speranza, è un ritorno non solo dell'abitare ma anche - attraverso la coltivazione del grano saraceno - di riappropriazione di saperi e conoscenze radicate in questa terra. È un ritorno ad un futuro che nasce a partire dalla ricostruzione di tessuto sociale basato sulla convivenza autentica.





Testimonianza di Mirko






Sarajevo

Sono le parole profetiche di Alex Langer pronunciate a Cannes nel giugno del 1995 a risuonare nella testa entrando a Sarajevo: “l’Europa muore o rinasce a Sarajevo”. Noi aspettiamo ancora che l’Europa nasca: una Europa accogliente, non una fortezza. Una Europa di pace, non una esportatrice di armi. Una Europa di diritti e convivenza non terra di privilegi.





Jovan Divjak

Jovan Divjak (http://www.infinitoedizioni.it/prodotto.php?tid=33) ci racconta i tre anni dell'assedio di Sarajevo durante i quali ha attivamente contribuito alla difesa.
Quando gli chiediamo cosa gli manca di più della Sarajevo di prima della guerra ci dice che la sua Sarajevo era una città multiculturale, senza muri, in cui vivevano pacificamente Serbi, Musulmani, Croati, Ebrei. Questo è quello che lui ha cercato di difendere ma che la guerra ha inesorabilmente cancellato. E questo è quello che vorrebbe contribuire a ricostruire con la sua "Obrazovanje Gradi BiH" (L'istruzione costruisce la Bosnia) che dal 1994 da supporto per l'istruzione agli orfani della guerra.





Il ritorno a casa

Si torna a casa e come sempre ci vorrà un po' di tempo per far "decantare" quel groviglio di emozioni, storie, volti, incontri, sogni, rabbia che ti travolgono in questa settimana. Le righe sotto sono un "regalo" di Elisa per il nostro ritorno. Anche io scelgo di guardare le rondini.
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Alla maniera di Heine

"Ho avuto tutte le malattie infantili?
Mi pare di si'.
L'ultima - nel quarantadue.

E' solo dal romanticismo che non riesco a guarire.
Ecco fintanto che il vento disperde le nuvole gonfie,
io non riesco in alcun modo ad occuparmi di qualcosa
di concreto,
io guardo - le rondini."

(I. Sarajlic, 1968)

Ci coglie a volte il dubbio che questo nostro impegnarci, questa nostra 'passione sociale', non sia altro che una malattia infantile. Ma non siamo piu' bambini e da questa malattia del romanticismo del sognatore scegliamo di non guarire.
Non riusciamo ad occuparci di nulla di concreto perche' non ci interessa contare il numero dei successi, se ci limitassimo a questo, ci ritroveremmo fra le dita un fallimento.
Noi non riusciamo a pensare a nulla di piu' concreto di quel vento che spinge via le nuvole gonfie e ci spinge all'incontro con chi e' lontano. Nulla di piu' concreto di quella umana curiosita' e tenacia che ci fanno spendere tempo ed energie. Nulla di piu' concreto di quelle lacrime che ci appannano gli occhi o di quel nodo di sentimenti che ci chiude la gola, senza preavviso.
Solo perche' abbiamo incontrato la sofferenza, l'amore, l'ingiustizia, l'impotenza, il desiderio, la paura. E perche' anche noi siamo sofferenza, amore, ingiustizia, impotenza, desiderio, paura.
Non riusciamo ad occuparci di nulla di concreto che non abbia le ali, come le rondini.
Perche' se non vedremo mai la primavera, almeno avremo visto una rondine volare.
Noi che dal romanticismo non guariamo, non ci vogliamo fermare ai dati che ci dicono che nulla cambia, con o senza di noi, che siamo statisticamente irrilevanti.
Una rondine non fa la primavera, ma vedere anche una sola rondine volare in cielo ci basta per scegliere di non guarire dal romanticismo.
(Elisa)



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